Se c'è un itinerario che amo ripercorrere anche un paio di volte l'anno con la costante possibilità di variarne il finale, è l'anello delle Piccole Dolomiti.
Come più volte detto, a una distanza accettabile da Modena (tragitto di poco superiore a 1h30) è impossibile trovare di meglio: ambiente incontaminato, paesaggi mozzafiato a 360°, ciclabilità quasi totale a quote di poco inferiori ai 2000 metri e, perchè no, tanti rifugi dove ritemprarsi alla bisogna.
Ovviamente una tappa nel mese di dicembre impone qualche taglio e un ritmo di crociera piuttosto sostenuto, ma l'atmosfera permeata di pace e tranquillità e i cieli limpidi invernali ripagano abbondantemente qualsiasi limitazione.
In quello che si potrebbe definire il Giro dei 5 Rifugi, si parte dal parcheggio in un'area attrezzata qualche km oltre Giazza a quota 1100, ove la strada asfaltata oltrepassa il Progno di Illasi in località Lago Secco, risalendone la vallata sul versante orografico destro.
L'avvio è ideale per scaldare le gambe, anche se di buon'ora in inverno è scontato pedalare all'ombra nel tratto iniziale in attesa che il sole faccia capolino dietro il massiccio della Lora.
Ai piedi del primo rifugio, il Boschetto, è sita una fonte ben evidente ove è necessario riempire sacca idrica e borraccia in quanto difficilmente lungo il percorso si troveranno altre sorgenti, escludendo ovviamente i rifugi.
Salendo, sulla sinistra si possono notare un paio di sentieri, il 288 e il 287, entrambi provengono dal Passo Malera, l'unico anello di congiunzione tra l'Altopiano della Lessinia e la catena delle Piccole Dolomiti, percorsi in lunghe traversate dalla Val d'Adige, richiedono attenzione in certi passaggi piuttosto tecnici.
Nei periodi di maggior frequentazione turistica, la tratta, sebbene in ambiente maestoso tra faggete e pinete, potrebbe rivelarsi molto trafficata per i tanti escursionisti che generalmente parcheggiano ove termina l'asfalto in prossimità della sbarra oltre il successivo rifugio Revolto.
Oltrepassatola, a quota 1350, la carrabile ricavata da una mulattiera militare allargata e perfettamente manutenuta, si insinua via via più ardita lungo i contrafforti sud-orientali del massiccio del Carega, trovando un primo punto eccezionalmente panoramico nei pressi del Rifugio Passo Pertica, a quota 1550.
La vista spazia a perdita d'occhio verso Nord, ben evidente è il massiccio innevato del Brenta preceduto dalle catene che sormontano la Valle dell'Adige, mentre ai nostri piedi si precipita nella vallata di Ala con le propaggini di Cima Levante a fare da contorno.
Spettacolare è il sentiero attrezzato Poiesi, spesso chiuso per frane, che procede mezzacosta perennemente esposto a valle per poi risalire nei finale a Cima Tibet, ove terminano le difficoltà e da cui si diparte un aereo sentiero verso il Rifugio Fraccaroli al Carega.
In direzione opposta, ricavata in una stretta fenditura della parete dirimpetto al rifugio, la ferrata Pertica sale verticale e richiede perizia alpinistica lungo il breve ma estremamente impegnativo tracciato.
Di qui in avanti la strada dà il meglio di sè, assicurata da contrafforti cementati e muretti del genio militare, consente vedute strapiombanti sulla conca ad anfiteatro formata dai due massicci principali delle Piccole Dolomiti, a sinistra dal gruppo del Carega e a destra dalla Catena delle 3 Croci.
Alzando lo sguardo, pinnacoli di roccia torreggiano imponenti, il percorso a serpentina si arrampica ripido scavalcando una parete in galleria, per poi procedere con pendenze assai più moderate alla volta del quarto rifugio di giornata, lo Scalorbi, a quota 1780.
La vallata si addolcisce e un'unica malga compare all'orizzonte, mentre lo scenario si fa via via più imponente.
Giunti nei pressi del rifugio, affiancato poco oltre da una pregevole cappella campanaria alpina, la vista può allungarsi fino alla vetta più alta del complesso, Cima Carega, quota 2259.
Raggiungibile comodamente tramite uno spettacolare sentiero che si incunea tra gli strapiombi del Fumante degradanti nella vallata di Recoaro, pedalabile fino a Bocchetta Mosca a quota 2000, più oltre l'ascesa sarà quasi completamente a spinta ma mai estrema e dal passo su cui è stato costruito il Rifugio Fraccaroli raggiungere la vetta richiede circa 5 minuti in un tratto alpinistico.
Proseguendo, si scenderebbe il Sentiero della Pace (108), sicuramente uno tra i migliori itinerari ciclabili d'alta quota, con vedute mozzafiato sul Pasubio e la Vallarsa.
Torniamo a noi, al Passo di Pelagatta, da cui scende uno scomodissimo sentiero tra sfasciumi di rocce e ghiaie, la visuale è impressionante sull'alto vicentino in direzione Recoaro Terme, al cui culmine si eleva il massiccio del Cornetto e del Baffelan, col Passo di Campogrosso a delimitarne i contorni.
Una sosta è d'obbligo per ammirare lo spettacolo della natura; allietati da un caldo sole è facile osservare il prosieguo dell'itinerario: un leggero manto di neve ghiacciata ricopre la comoda ascesa all'ombra in direzione Monte Plische.
Tra improvvise aperture che precipitano sulla vallata scavata dall'Agno, salti di rocce e radure contornate da rigogliosi mughi, si svalica una prima volta a quota 1900 ai piedi delle caratteristiche formazioni dell'Omo e la Dona.
Ad un primo tratto di discesa entusiasmante mezzacosta con superlative vedute aeree dell'intero itinerario fin qui percorso e dell'angosciante striscia nera di nebbia in lontananza verso la pianura veneta, segue il tratto più complesso di giornata, ove una serie di tornantini ripidi su roccia con salti e canalette con gradoni in legno costringono più volte al piede a terra.
Si plana rapidamente ai 1715 metri del Passo delle 3 Croci, crocevia da cui si dipartono 5 sentieri degni di nota: a sinistra, strapiombante e scavato nella roccia, il 110, che porta con percorso quasi totalmente ciclabile al Rifugio Battisti di Recoaro; subito a destra lo stesso 110 precipita, scarsamente ciclabile, nella direzione opposta fino al rifugio Boschetto; appena oltre il 276 scende meno tortuoso e assolutamente godibile in sella fino al parcheggio di mattinata; proseguendo dritto, come faremo, il 202 "Sentiero Milani" riprende a salire in direzione del Passo Zevola a quota 1820.
Con rampe al limite, coperte dal freddo manto di neve e ghiaccio, si giunge in breve all'ultimo passo prima della meritata discesa ai piedi del Monte Terrazzo.
Ad una prima parte che richiede una certa attenzione per la presenza di pietra viscida, segue un finale in crescendo rivolto a sud, caratterizzato da un singolare tappeto erboso che lambisce il Passo Ristele e affianca Malga Fraselle di Sopra.
Ora il sentiero Milani prosegue in falsopiano in direzione Passo della Scagina, del Mesole e di Rodecche, attestandosi ad una quota variabile tra i 1600 e i 1500 metri.
Ciò che ci si presenta ai nostri occhi è di uno spettacolo emozionante, l'incunearsi del sentiero tra pinnacoli, gallerie e pareti verticali sembra fortunatamente non aver mai termine, quasi 4 km che da soli valgono il biglietto: da una parte e dall'altra strapiombi senza soluzione di continuità sulle vallate di Recoaro e di Chiampo.
Da Bochetta Gabellele, cui sbuca la forestale proveniente dal quinto rifugio di giornata, il vicentino Bertagnoli, si può ammirare la vista decisamente più appagante delle Piccole Dolomiti, Pasubio e Vicentino.
Poco oltre termina la nostra avanzata lungo il largo sentiero, nei pressi di Malga Campo d'Avanti deviamo in discesa seguendo il 233 su fondo erboso compatto, poi via via più tecnico fino a tagliare la forestale in più punti.
Causa ora tarda optiamo per rimandare ad un futuro passaggio il tratto conclusivo che ci avrebbe condotto fino a Campodalbero poco sotto quota 1000 e così deviamo in leggera discesa su forestale ai 1250 metri del rifugio Bertagnoli.
Ora ci aspettano le rampe più ostiche di giornata lungo il 207, pedalabili con notevole sforzo (quasi un km al 25%) su largo fondo sterrato conducono prima ad una cava dismessa a quota 1400, poi, bici a spinta su sentiero gradonato in legno fino di nuovo ai 1550 del Passo Mesole.
E' consigliabile in futuro evitare questo taglio che, fa sì risparmiare strada, ma risulta essere davvero troppo ripido, meglio optare per la lunga e comoda forestale per Bocca Gabellele.
Il rientro per un breve tratto del percorso fatto all'andata garantisce di nuovo le vedute fuori dal comune dalla prospettiva opposta e con una luce attenuata in concomitanza dell'imminente tramonto.
Raggiungiamo il Passo della Scagina scendendo in sella una gradinata, quindi piombiamo con traccia libera su fondo erboso a Malga Fraselle di Sotto, da cui, mezzacosta, imbocchiamo il 281 fino a Malga Terrazzo.
Memore delle difficoltà nello scendere la direttissima 279 per Giazza o all'eccessivo allungo seguendo il precedente 282, optiamo per proseguire lungo il 283 ormai al tramonto ma con buona luce essendo esposto ad ovest.
In ambiente incontaminato, con un notevole punto panoramico sulla vallata d'Illasi e la strada percorsa in mattinata, nonostante 3 o 4 brevi tratti a spinta il sentiero si dimostra ampiamente ciclabile fino ad intercettare il 276 proveniente dal Passo delle 3 Croci.
Da quota 1400 è tutta calata fino al parcheggio, prima in fitta pineta dal fondo compatto, poi via via più rocciosa con alcuni passaggi tecnici su tornantini e salti di canaline celate dal fitto fogliame.
Ciliegina sulla torta, il riflettersi degli ultimi raggi di sole sul corso dell'Illasi e il cielo purpureo a tramonto inoltrato ci accompagnano nell'ultimo facile chilometro fino al parcheggio del Lago Secco.
33 km x 1600, circa 30 minuti di bici a spinta in 7 ore pedalate.
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